martedì 15 marzo 2011

Irradiate irradiate, qualche cosa muterà

(parte di un articolo di Dario Bressanini)
Le mutazioni spontanee sono uno dei motori dell’evoluzione. Ogni tanto qualche gene viene modificato casualmente da un errore di trascrizione durante la riproduzione. Oppure viene alterato chimicamente da qualche agente mutageno, o dalle radiazioni. La stragrande maggioranza delle mutazioni “naturali” è mortale oppure ininfluente. Se il gene modificato era importante per il metabolismo della specie vivente, una modifica casuale ne porterà quasi sicuramente alla morte, perché ad esempio la proteina codificata da quel gene si ripiega nel modo sbagliato e non può più funzionare. Può succedere invece che il gene non fosse molto importante, ad esempio la codifica del colore degli occhi. Solo rarissimamente viene modificato un gene che altera, senza conseguenze mortali, una caratteristica fondamentale di una specie.
Un altro motore dell’evoluzione naturale sono i processi con cui vengono fusi due genomi di specie diverse, per crearne una terza nuova di zecca, oppure i processi in cui porzioni del DNA di una specie si integrano in una seconda specie, e da questo punto di vista gli organismi transgenici non fanno altro che copiare quanto già avviene in natura.
Nel corso di milioni di anni questi meccanismi hanno agito e hanno trasformato i primi organismi monocellulari, composti da una sola cellula, in pomodori, uomini, peperoni, rinoceronti e volpi. Hanno creato il buonissimo fungo porcino e la mortale amanita Phalloide. Hanno prodotto i batteri con cui fermentiamo lo Yogurt, ma anche il botulino e il colera.
Nel 1865 Gregor Mendel descriveva i meccanismi dell’ereditarietà, e poche decine di anni dopo cominciavano le indagini sulle modifiche genetiche indotte. Nel 1927 Muller mostrò come fosse possibile, mediante i raggi X (quelli con cui vi fate le lastre) modificare geneticamente il moscerino della frutta (la Drosophila melanogaster). L’anno successivo Stadler compie i primi esperimenti con i cereali cercando di modificarli geneticamente con radiazioni nucleari. Stadler cercava in questo modo di ottenere piante con caratteristiche migliorate. Non ebbe molto successo, ma ormai la via era aperta. Dopo la seconda guerra mondiale iniziarono i cosiddetti “usi pacifici dell’energia atomica“. Molti giovani ricercatori nelle nazioni sviluppate ed in quelle in via di sviluppo cominciarono ad utilizzare le radiazioni nucleari con l’obiettivo di modificare le caratteristiche delle piante esistenti. All’inizio i risultati furono piuttosto modesti. Si capì che le radiazioni nucleari erano troppo devastanti, e la stragrande maggioranza delle piante mutate non sopravviveva. Furono scoperte anche delle sostanze chimiche che inducevano mutazioni, come la colchicina. Piano piano si imparò a domare la potenza distruttiva delle radiazioni alfa, beta e gamma, a controllare i neutroni, a dosare i raggi X e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) e la FAO finanziarono e sponsorizzarono una serie di ricerche sulle mutazioni indotte allo scopo di migliorare le caratteristiche di prodotti agricoli.
Gli esperimenti su larga scala però vengono effettuati in campo aperto, in quello che viene chiamato un Gamma Field, un Campo Gamma, di cui potete vedere una foto aerea.
Al centro del cerchio viene messa la sorgente radioattiva, e nei vari settori del cerchio, a varie distanze, vengono piantati i semi delle piantine che si desidera mutare geneticamente. L’esposizione diminuisce all’aumentare della distanza e quindi in questo modo è più facile trovare la dose di radiazioni che genera dei mutanti senza uccidere immediatamente.
Come oggi la FAO sostiene l’uso delle biotecnologie agrarie, così negli anni ‘70 non ebbe paura di sostenere l’utilizzo dell’energia atomica per migliorare cereali e altre piante. Un articolo della Divisione di Tecniche Nucleari in Agricoltura, della FAO/IEAE descrive varie colture mutate ormai diffuse e commercialmente affermate. Ve ne descrivo qualcuna.
FruttaIl database FAO/IAEA segnala almeno 48 tipi di frutta: mele, banane, albicocche, pesche, pere, melograno… Ma la varietà commercialmente di maggiore successo è sicuramente una varietà di pompelmo che tutti voi conoscete: lo Star Ruby dalla polpa rosata. No, il pompelmo rosa non è sempre esistito! La prima varietà commerciale di
pompelmo dalla carne rosata è stato il Ruby Red, derivato da una mutazione spontanea scoperta in Texas nel 1929. Tuttavia il colore rosso sbiadiva all’avanzare della stagione, e il succo non aveva un colore gradevole. Furono utilizzati dei fasci di neutroni lenti per irradiare dei semi di pompelmo, e nel 1970 venne introdotta in commercio la varietà Star Ruby, senza semi e dalla polpa rossastra. Ulteriormente irradiato con neutroni lenti, la Star Ruby generò nel 1984 la varietà Rio Red, con rese migliorate. I frutti di entrambe le varietà mutanti, vendute con il nome di Rio Star, coprono il 75% della produzione Texana di Pompelmo.
Orzo per la birra
I primi esperimenti di mutazione indotta di Stadler, nel 1928, riguardavano l’orzo. Quaranta anni più tardi due varietà di orzo geneticamente modificate con raggi gamma, il Diamant e il Golden Promise avranno un impatto profondo sull’industria della birra e del Whisky in molti paesi d’Europa. La varietà Diamant fu rilasciata per la prima volta in Cecoslovacchia nel 1965. Le piantine erano 15 cm più basse della varietà da cui derivavano e avevano una resa per ettaro aumentata del 12%. Nel 1972 il 43% della superficie di orzo era dedicata al Diamant, e il gene mutato si è diffuso ad altre 150 varietà di orzo attraverso incroci convenzionali. In Scozia fu la varietà Golden Promise, anche lei ottenuta mediante irraggiamento gamma, a diffondersi nell’industria della birra e del Whisky. Ancora oggi, dopo più di 30 anni dalla sua creazione, questa cultivar è ancora molto diffusa.
Grano duro
Alla fine degli anni ‘60 nei laboratori del CNEN (Comitato Nazionale Energia Nucleare, poi trasformato in ENEA), al Centro Studi Nucleari della Casaccia il gruppo del Prof. Scarascia Mugnozza irraggia con fasci di neutroni una gloriosa varietà di grano duro, il Cappelli. (La storia di questo grano, protagonista della cosiddetta “battaglia del grano” nel ventennio fascista, andrebbe raccontata in tutti i particolari con tutti i personaggi: dal Senatore Cappelli, da cui prende il nome, al genetista agrario Nazareno Strampelli, anticipatore di decenni della rivoluzione verde). Come al solito, la stragrande maggioranza dei semi irradiati muore, o produce piante abnormi. Ma una pianticella sopravvive e mostra caratteristiche interessanti. E’ più bassa, più resistente e con rese maggiori del Cappelli. Quel mutante viene incrociato con altre varietà di grano, per trasferire le caratteristiche interessanti, e nel 1974 viene registrato il Creso. Nel giro di pochi anni diventa il grano duro d’elezione, e tutti voi ne avete mangiato a quintali sotto forma di spaghetti, penne, rigatoni, maccheroni etc. Nel 1984 il Creso occupava il 53.3% del mercato italiano di semi certificati di grano, ed era coltivato su 430.000 ettari.
Pasta Radioattiva?
Nel 2000 l’IEAE/FAO pubblicizza il sito web con il suo database e descrive in un articolo gli sviluppi degli ultimi 70 anni del campo della mutagenesi indotta sulle piante in agricoltura. Nel maggio del 2001 un giornalista di un quotidiano tedesco (la Frankfurter Allgemeine Zeitung) pubblica un articolo descrivendo il rapporto. E cita, come ho fatto io, i casi del Pompelmo Texano, della Birra, del Whisky e altri esempi presi dall’articolo dell’IAEA. Cita, come è giusto, anche il grande successo del Creso, dicendo correttamente che la maggior parte della produzione italiana di pasta dipende da questo grano e dai suoi derivati, figli dell’Era Atomica.
Apriti cielo! Quando un’agenzia di stampa rilancia in Italia la notizia, nelle redazioni dei giornali, opera di giornalisti troppo spesso a digiuno di scienza, esplode la febbre degli spaghetti radioattivi. Qualche giornalista, senza prendersi la briga di telefonare ad un Istituto di Agraria delle nostre Università per chiedere spiegazioni, sente la parola “radiazioni”, la accosta agli spaghetti ed ecco servita la pasta radioattiva. Il Ministro dell’Agricoltura dell’epoca, Onorevole Pecoraro Scanio minaccia di denunciare l’ignaro giornalista tedesco, dimostrando ancora una volta la legge per cui spesso i ministri non sono competenti in materia: “non subiremo senza reagire questa offensiva contro il made in Italy. Ho incaricato l’ufficio legale di provvedere a tutelare gli interessi dei nostri produttori. La pasta italiana è sicura al cento per cento“.
La pasta ovviamente non è radioattiva, ma nessuno lo aveva mai messo in dubbio. Le radiazioni, come vi ho spiegato, sono solo servite per indurre una mutazione nella prima pianticella.
(il resto dell'articolo è su: http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/09/29/radiazioni-nucleari-nell’orto/)
(nelle foto: un “campo gamma” e un laboratorio dove si usa del Cesio 137 radioattivo per irraggiare con raggi gamma in basse dosi piante e semi riposti nei ripiani degli armadietti)

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