sabato 23 gennaio 2010

LINEE GUIDA PER COLTIVARE OGM


La Conferenza Stato-Regioni dovrebbe dare a breve il via libera al decreto che contiene le linee guida per le normative regionali di coesistenza tra le colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate (da ora in poi: gm). Subito dopo il provvedimento dovrà essere inviato a Bruxelles per ottenere il benestare da parte della Commissione Ue, passaggio necessario per dare il via all’attività legislativa regionale, che deve completarsi entro i successivi 180 giorni.
Il testo, messo a punto da un gruppo di lavoro tecnico interregionale, si ispira al principio di precauzione per salvaguardare le produzioni agroalimentari convenzionali e biologiche da possibili commistioni con le coltivazioni gm. Le norme dovranno essere integrate e aggiornate sulla base delle nuove autorizzazioni al rilascio, dell’evoluzione della normativa comunitaria e nazionale, del progredire delle conoscenze
scientifiche e dell’attività di monitoraggio.
Le misure precauzionali previste si distinguono in due livelli applicativi: quello territoriale e quello aziendale.
Le misure aziendali devono consentire la tracciabilità e la rintracciabilità del prodotto transgenico durante tutto il processo produttivo, mentre quelle territoriali devono indicare le aree e i casi particolari di esclusione, le misure da tenersi per le sperimentazioni, gli obblighi a carico delle aziende, ecc.
Le misure di precauzione a livello territoriale prevedono che la valutazione della realtà agroambientale e la scelta delle condizioni aziendali e territoriali per le coltivazioni gm siano effettuate dalle Regioni. Così come sarà sempre la Regione a individuare le aree non idonee a questo tipo di coltivazioni, quali le aree protette, quelle dedicate alla produzione di dop o igp (sia pure entro i limiti della compatibilità con le piante gm), quelle in cui si fa coltivazione biologica e integrata, quelle dedicate alla conservazione della biodiversità agraria, così come stabilito nelle linee guida per la definizione di queste norme.
È inoltre in ogni caso prevista la possibilità di stipulare accordi volontari tra la maggioranza degli agricoltori ai fini della delimitazione di ulteriori aree di esclusione.
Prescrizioni specifi che relative a piante geneticamente modificate, già autorizzate a livello comunitario (mais e soia), sono contenute in apposite schede tecniche.
La tracciabilità della filiera (processo produttivo) verrebbe assicurata attraverso un sistema informatico nazionale, costruito a partire dai registri nazionali, mentre verrebbe affidato a un piano di monitoraggio pubblico, di competenza delle Regioni, il controllo delle colture. Tra gli obblighi a carico di chi coltiva piante gm ci sono l’autorizzazione regionale, che viene rilasciata previo vincolo di una polizza assicurativa o fideiussoria; l’acquisizione di un patentino di competenza e l’elaborazione di un piano di gestione aziendale.
Una disciplina puntuale riguarda l’istituzione di un registro unico regionale relativo alle coltivazioni di ogm, nonché alla previsione di un’adeguata copertura della spesa dovuta all’applicazione delle linee guida e di eventuali danni, per i quali si dovrà comunque dimostrare che dipendono eff ettivamente dalla compresenza di colture ogm. 
Infine, è prevista una disciplina della complessiva attività di controllo e di verifica dell’osservanza delle numerose prescrizioni. Le sanzioni previste per il mancato rispetto delle prescrizioni del documento vanno dai 15.000 euro, se si impedisce il controllo in azienda o non si rispettano le precauzioni aziendali, ai 60.000 euro in caso di coltivazioni in assenza di autorizzazione o nelle aree di esclusione. Per valutare l’efficacia delle misure di coesistenza predisposte è prevista la realizzazione di un sistema di monitoraggio che secondo le linee guida dovrebbe individuare: la possibile contaminazione del terreno, delle acque in fase di coltivazione e dei mangimi e degli alimenti nella fase di trasformazione del prodotto. Per effettuare i controlli, il monitoraggio e applicare le eventuali sanzioni sono previsti due strumenti: un piano operativo di analisi e campionamento del polline (principale vettore delle contaminazioni) e un sistema informativo territoriale
su scala regionale e nazionale.
(Letizia Martirano per L'Informatore Agrario)

venerdì 22 gennaio 2010

RISOTTO AL CEDRO CON PISTACCHI

Ingredienti: 250 g di riso carnaroli, la buccia di un quarto di cedro, 40 g di pistacchi, 2 cucchiai di pesto di pistacchi, 1 scalogno, brodo vegetale, 1 cucchiaio di parmigiano, 1 noce di burro.
Esecuzione: preparate la buccia del cedro grattugiata e i pistacchi, precedentemente tostati un po', tritati fini. Fate tostare il riso in una pentola antiaderente, senza grassi aggiunti, per circa cinque minuti. Versateci pian piano il brodo. A metà cottura del riso, aggiungetevi lo scalogno tritato finissimo, un cucchiaio di succo di cedro e metà del cedro grattugiato. A fine cottura, versateci la restante buccia, spegnete e mantecate col parmigiano e il burro. Decorate con la polvere e il pesto di pistacchi.
(per gentile concessione di: http://lacucinadiadina.blogspot.com)

giovedì 21 gennaio 2010

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mercoledì 20 gennaio 2010

IL CIOCCOLATO (di Oscar Galeazzi per www.salabar.it)


Per ottenere il cioccolato solido il procedimento è più complesso.
Dopo la macinazione si effettua la miscelazione: alla massa di cacao viene aggiunto altro burro di cacao, zucchero, vaniglia, eventuale latte e la lecitina, un emulsionante che migliora la dispersione delle varie particelle di cacao. Si passa poi alla raffinazione in una macchina a rulli, per eliminare la granulosità e assicurare un miscuglio perfetto.
Il processo successivo è il concaggio, che consiste in una lunga omogeneizzazione di 2-3 giorni, durante i quali la pasta viene continuamente mescolata e sbattuta a temperatura controllata nelle conche, speciali macchine impastatrici dotate di bracci oscillanti di rimescolamento che amalgamano alla perfezione gli ingredienti, ne eliminano le ultime tracce di acidità e di umidità e ne esaltano gli aromi. Si tratta di un procedimento importante, dal quale dipendono la pastosità, la rotondità e il gusto vellutato, ma anche la durezza e la brillantezza esterna del cioccolato.
Si procede quindi con il temperaggio, che consiste nel far raffreddare la pasta a temperatura controllata, per far cristallizzare il burro di cacao.
Nella macchina temperatrice il cioccolato passa dai 40-45 °C del concaggio ai 28 °C per poi rialzarsi a 37 °C e successivamente raffreddarsi tornando allo stato solido. Il brusco passaggio di temperatura permette di ottenere un prodotto finale lucido e consistente modificando i cristalli del burro di cacao. Se questa fase non è svolta in modo corretto risultano, tra l’altro, parti bianche sul cioccolato finito.
Si esegue poi il modellaggio: il cioccolato viene colato, a temperatura inferiore ai 30 °C, in stampi posti su nastri in movimento che, vibrando, lasciano fuoriuscire eventuali bolle d’aria e rendono il prodotto perfettamente uniforme.
Si termina facendo passare gli stampi in un tunnel di raffreddamento e incartando il prodotto

sabato 16 gennaio 2010

IL CACAO (di Oscar Galeazzi per www.salabar.it)



L’albero di cacao, il cui nome scientifico è Theobroma cacao, cresce nella fascia tropicale compresa tra il 20° parallelo nord e il 20° sud, in climi caldi, con piogge abbondanti e umidità elevata. La principale zona di produzione è l’Africa occidentale (da dove arriva circa il 60% di tutto il cacao prodotto), seguono l’America centro-meridionale e l’Asia. Il maggior produttore mondiale è la Costa d’Avorio, seguono Ghana, Indonesia, Nigeria, Brasile, Camerun, Ecuador, Colombia e Messico.
Il frutto del cacao si chiama cabosside o cabossa; è una bacca di forma ovoidale e cresce dal tronco e dai rami della pianta, a cui è collegata tramite un picciolo. Quando la cabossa è matura la sua buccia è dura come cuoio e contiene circa 40 semi, detti comunemente fave. I principali tipi cacao in commercio sono tre: criollo, trinitario e forastero, che si differenziano per struttura dei frutti, colore delle fave e numero di fave per frutto.
Il criollo è il cacao di qualità migliore, grazie al quale si ottiene un cioccolato molto aromatico, di gusto poco amaro, rotondo e molto persistente. La pianta è poco produttiva e non molto resistente alle malattie. Il cacao criollo è coltivato in Venezuela e rappresenta il 10% del cioccolato prodotto.
Il tipo forastero rappresenta l’80% del prodotto mondiale, offre una qualità inferiore, dal gusto forte e amaro. La pianta è robusta e molto produttiva ed è quindi più facile ed economico da coltivare.
Il trinitario è un ibrido fra criollo e forastero e combina alcune caratteristiche aromatiche del criollo con il vigore e l’alta resa del forastero. È coltivato principalmente in Messico, Colombia, Venezuela, aTrinidad, ai Caraibi e nell’Asia sud-orientale, e rappresenta il 10% della produzione mondiale.
 Dal punto di vista della qualità si hanno due tipologie di cacao: cacao aromatico (detto anche fine o speciale o dolce) e cacao non aromatico o bulk. Il primo gruppo comprende i cacao criollo, trinitario e nacional (pregiato tipo di cacao dell’Ecuador); il secondo il cacao forastero.
La raccolta del cacao si effettua in genere due volte l’anno: una principale, in cui i frutti sono di ottima qualità e meglio sviluppati, l’altro secondario, in cui il prodotto è di qualità inferiore. La cabossa viene staccata a mano dalla pianta, recidendo il peduncolo con un apposito coltello.
Dopo raccolto, i coltivatori tagliano il frutto e lo aprono per prelevarne il grappolo di semi avvolti da una polpa zuccherina emettono le fave a fermentare in ceste, casse di legno o fosse scavate nel terreno, sempre coperte e al riparo dalla luce. Ogni giorno le fave devono essere girate per favorire una fermentazione uniforme ed evitaremuffe. La fermentazione porta a una temperatura fino 45-50 °C, che scioglie la polpa attaccata ai semi e comporta reazioni chimiche all’interno delle fave che riducono l’astringenza, il gusto amaro e sviluppano sostanze aromatiche. La fermentazione dura dai 3 giorni agli 8 giorni, poi le fave vengono pulite e portate all’essiccazione, al sole o in essiccatori ad aria calda, e, in seguito,messe in sacchi, vendute sulmercato e spedite nei paesi importatori.

La successiva fase di lavorazione è la tostatura (o torrefazione), nella quale i semi vengono cotti per di 1-2 ore, a una temperatura di 100-120 °C. La torrefazione elimina umidità e acidità e favorisce lo sviluppo degli aromi. La tostatura richiede grande esperienza nell’individuare il punto ottimale di cottura.
Al termine le fave sono raffreddate e gettate nella macchina rompicacao, che le frantuma in pezzi dimedia grossezza, ottenendo la graniglia o granella di cacao, ed elimina la buccia. Terminata la tostatura, la granella di cacao viene macinata tra cilindri caldi che, fondendo il grasso contenuto (in percentuali oltre al 50%), li trasforma in una pasta fluida detta massa di cacao o liquore. Dalla massa di cacao si procede con la separazione del grasso, separando dalla massa di cacao con presse il burro di cacao e il pannello, che viene successivamente polverizzato per ottenere cacao in polvere, che contiene ancora più del 20% di grasso. Sgrassando ulteriormente il cacao in polvere si ottiene il cacao magro.

Dal sito www.alimentipedia.it copio:
Paccheri (pasta corta) con fave di cacao e ricotta:
Ingredienti: 200 - 250 g di pasta corta (a scelta), uno scalogno piccolo, 150 g di ricotta, 6 o 7 fave di cacao.
Fare bollire l'acqua e intanto imbiondire lo scalogno tritato. Unire in padella la ricotta e cuocere qualche minuto aggiungendo, se necessario, un po' d'acqua. Aggiustare di sale e spegnere. Pestare qualche fava di cacao in modo grossolano, poi una volta cotta la pasta, farla saltare in padella con la ricotta. Servire con le fave sbriciolate sopra.
(immagini da: equonline.it e alimentipedia.it con i frutti dell'albero e le fave)

giovedì 14 gennaio 2010

NON ABBIATE PAURA DELLA FRUTTA SECCA 2: LE RICETTE di Sandra Berriolo

Come promesso ecco alcuni modi per utilizzare semi oleosi e frutta secca anche dopo le Feste.


TORTA DI NOCCIOLE (ricetta originale piemontese)
Ingredienti: 350 gr nocciole del Piemonte, 150 gr burro, 250 gr zucchero, 100 gr farina, 3 uova, un pizzico di sale, una bustina di lievito.
Esecuzione: tostare leggermente le nocciole, liberarle poi della pellicina e quando sono fredde tritarle finemente. Miscelare la granella di nocciole con lo zucchero, la farina e il lievito. Ammorbidire l’impasto con i tuorli delle uova leggermente sbattuti, il burro fuso, il sale e per ultimi poi gli albumi montati a neve. Lavorare il composto delicatamente, metterlo in una teglia imburrata e infarinata del diametro di 26 centimetri, a bordo basso. Cuocere in forno già caldo a 200 gradi per 35-40 minuti; dovrà risultare alta solo due centimetri. Si accompagna ad un Moscato d’Asti.
(immagine: bottiglieriabarolo.it)



TORTA DI FRUTTA SECCA
Marinare per 6 ore in un bicchiere di latte: 50 gr di fichi secchi e 50 gr di uvetta. Passato questo tempo, tritare grossolanamente i fichi secchi, unire l’uvetta, 1 tuorlo d’uovo, 100 gr di farina, 50 gr di mandorle pelate e tritate, 50 gr di noci tritate, l’albume dell’uovo montato a neve. Riempire 4 stampini imburrati e cuocere in forno a 180-200 gradi per 20 minuti.



ARROSTO DI LONZA DI MAIALE CON FRUTTA SECCA
Far ammorbidire 15 minuti in acqua tiepida 200 gr di prugne secche e 100 gr di albicocche secche. Tritare aglio, rosmarino, salvia, alloro e aggiungervi sale e pepe; inserire metà del trito in piccoli tagli praticati sulla superficie di un pezzo di lonza di maiale da 1,2 Kg; legare la carne e distribuirvi sopra il resto del trito. Rosolare sul fuoco la carne in un tegame che vada anche in forno, bagnare con vino bianco (o brodo). Unire poi alla carne prugne e albicocche e 150 gr di cipolline pulite e mettere il tegame in forno per continuare la cottura per 30 minuti a 180 gradi. A fine cottura tenere in caldo la carne avvolgendola in un foglio di alluminio; mettere da parte anche la frutta e le cipolline. Filtrare il fondo di cottura e passarlo in un pentolino, eventualmente aggiungendo due cucchiai di brodo per raccoglierlo meglio; farlo addensare per un minuto e aggiungere 200 ml di panna fresca facendo ancora addensare per 5 minuti, sempre sbattendo con una piccola frusta e a fuoco basso in modo che non raggiunga il bollore. Servire la lonza a fette sottili contornata da frutta e cipolline e cosparsa dalla salsa.



E POI PROVATE UN’INSALATA DI TREVISANA, FORMAGGIO E NOCI; OPPURE UN’INSALATA DI POLLO, SEDANO E MANDORLE A FILETTI; I PANSOTTI COL SUGO DI NOCI; UN SUGO PER LA PASTA FATTO TRITANDO CAPPERI E MANDORLE; IL LARDO A FETTINE SOTTILI COSPARSO DI NOCCIOLE TRITATE; IL TE O LA TISANA CON DENTRO PEZZETTI DI DATTERO...

giovedì 7 gennaio 2010

NON ABBIATE PAURA…DELLA FRUTTA SECCA! di Sandra Berriolo


Passate le Feste, è il  momento di imparare a godervi la frutta secca! Se pensate che faccia ingrassare, avete ragione. Ma solo nel caso che sia consumata in abbondanza, nel giro di pochi giorni, in aggiunta ad altre quintalate di bontà natalizie. E comunque perché dare la colpa solo a questo cibo e non anche a tutto il resto? Perciò sdoganiamo l’ansia ed impariamo ad usare la frutta secca per la salute, in piccole quantità, e soprattutto durante tutto l’arco dell’anno. Intanto distinguiamo la frutta secca vera e propria (DATTERI, ALBICOCCHE, PRUGNE, PESCHE, UVETTA, FICHI, CASTAGNE) dai semi oleosi (NOCI, MANDORLE, NOCCIOLE, PINOLI, PISTACCHI, ARACHIDI, ANACARDI, NOCE DEL BRASILE, ecc). Possiedono caratteristiche nutrizionali diverse e complementari fra loro. La frutta secca fornisce dalle 220 calorie delle prugne alle 287 calorie delle castagne; mentre i semi oleosi ci graziano con le 598 calorie delle arachidi tostate fino ad arrivare alle gloriose 705 calorie delle noci Pecan. Ma anziché spaventarci per le calorie sarebbe meglio approfittare dell’apporto vitaminico e minerale che è notevolissimo. La frutta secca PRATICAMENTE NON CONTIENE GRASSI, ma molti zuccheri semplici utili per cominciare la giornata, per energia immediata in caso di sport, come merenda in viaggio o per una lunga giornata attiva, e persino come dolcificante a pezzetti nelle tisane. Inoltre fornisce potassio in abbondanza, alte quantità di vitamina A (soprattutto albicocche e pesche), potassio (soprattutto i fichi), fosforo, vitamine B, ferro, calcio e vitamina D. Possiede qualità emollienti ed espettoranti contro raffreddore e catarro, proprietà antianemiche e di tonico per gli anziani ed i bambini, capacità leggermente lassative.
Invece i semi oleosi contengono molti grassi MA di origine VEGETALE, quindi SENZA COLESTEROLO e ricchi di ACIDI GRASSI POLINSATURI; il loro apporto è notevole anche per proteine, fibra, potassio, magnesio, zinco, fosforo, ferro, rame, vitamine del gruppo B, vitamine D ed E, polifenoli. Sono consigliati agli astenici, per le infiammazioni urinarie e alle vie respiratorie, nelle malattie della pelle, in gravidanza e in convalescenza, nel super lavoro intellettuale.
QUINDI: pochissime quantità al giorno e mescolando le due tipologie (es. oggi tre noci e tre albicocche, domani un pugno di pinoli e tre fichi secchi) possono fornire elementi nutrizionali preziosissimi, non farci esagerare con le calorie, darci energia immediata (zuccheri) e per tutta la giornata (grassi), integrare gli apporti proteici se vogliamo diminuire il consumo di carni e prodotti animali in genere. Possiamo usarli la mattina a colazione, farci torte, aggiungerli alle insalate miste o ad un risotto (semi oleosi), usarli come dolcificanti (frutta secca).
Seguiranno ricette...