venerdì 26 febbraio 2010

SOUFFLE' AL PARMIGIANO REGGIANO

Ingredienti: 100 g di Parmigiano-Reggiano stravecchio, 100 g di farina, ½ litro di latte, 2 noci di burro, 5 uova, sale e pepe.
Preparazione: stemperare la farina con mezzo bicchiere d'acqua fredda, versare il composto in un tegamino e a fuoco lento aggiungere a poco a poco il latte caldo. Prima del bollore, aggiungere il Parmigiano-Reggiano grattugiato. Togliere dal fuoco e senza smettere di rimestare aggiungere i tuorli d´uovo, uno alla volta, sale e pepe. Per ultimo aggiungere gli albumi montati a neve. Versare il composto in uno stampo imburrato ed infarinato e cuocere a forno ben caldo (220º) per circa mezz´ora.
(ricetta e foto dal sito www.parmigiano-reggiano.it)

domenica 21 febbraio 2010

BACALA' ALLA VICENTINA

La "Venerabile Confraternita del bacalà alla vicentina" suggerisce una ricetta che e' il frutto di studi e di comparazioni tra le numerose ricette in auge nei ristoranti e nelle trattorie piu' famose del Vicentino tra gli anni trenta e cinquanta senza demonizzare le varianti attuali.
Ingredienti per 12 persone: Kg 1 di stoccafisso secco, gr. 500 di cipolle, 1 litro di olio d’oliva extravergine, 3-4-acciughe, ½ litro di latte fresco, poca farina bianca, g. 50 di formaggio grana grattugiato, un ciuffo di prezzemolo tritato, sale e pepe.
Preparazione: ammollare lo stoccafisso, gia’ ben battuto, in acqua fredda , cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni. Levare parte della pelle. Aprire il pesce per lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi quadrati, possibilmente uguali. Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le acciughe dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti ; per ultimo, a fuoco spento , unire il prezzemolo tritato. Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorati con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all’altro, in un tegame di cotto o alluminio oppure in una pirofila (sul cui fondo si sara’ versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, , il grana grattugiato, il sale , il pepe. Unire l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli. Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare.
Questa fase di cottura, in termine “vicentino” si chiama “pipare”.
Solamente l’esperienza sapra’ definire l’esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, puo’ differire di consistenza.
Il bacalà alla vicentina e’ ottimo anche dopo un riposo di 12/24 ore. Servire con polenta.
(a cura della Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina)

Personalmente adoro questa ricetta, da servire rigorosamente con la polenta, ma la preparo in modo leggermente diverso. Intanto lo stocche (in veneto chiamano baccalà quello che noi liguri chiamiamo stoccafisso- e già gli scontri tra Repubbliche marinare sono onorati) lo compro già ammollato e lo spello alla meglio; lo taglio a pezzi e lo infarino; poi lo rosolo dentro la cipolla già un pò trasparente (con non tanto olio, poco aglio schiacciato, acciuga, un pò di prezzemolo); aggiungo del latte fino a coprire il pesce e lo cuocio a fuoco molto lento e coperto per un'ora circa, muovendolo delicatamente o scuotendo la pentola. Durante la cottura gli eventuali residui di pelle verranno via facilmente. Solo alla fine metto altro prezzemolo tritato.
La Confraternita la trovate al sito: http://www.baccalaallavicentina.it/it/

venerdì 19 febbraio 2010

QUARESIMALI GENOVESI

Ingredienti: 250 g di mandorle sgusciate, farina, 2 cucchiai di finocchietti (semi di finocchio) confettati (ricoperti), 150 g di zucchero, 2 albumi d'uovo, acqua di fiori d'arancio.
Preparazione: pestare nel mortaio o frullare le mandorle con lo zucchero. In una terrina aggiungere alle mandorle e allo zucchero gli albumi montati a neve, l'acqua di fiori d'arancio e un cucchiaio di farina e sbattere il tutto con la frusta. Porre sulla spianatoia la pasta ottenuta e stenderla con un mattarello sino ad ottenere uno strato di circa un centimetro di spessore. Con gli stampi appositi ritagliare delle ciambelline o dei rombi su cui spolverare i finocchietti. Disporle sulla placca da forno per 30 minuti, il tempo necessario per ottenere un colore ambrato.

mercoledì 17 febbraio 2010

QUARESIMA

Quaranta è un numero ricorrente nella storia biblica (l'attesa, il castigo, la preparazione) e basti pensare all'odierna "quarantena" per una malattia, perchè tradizionalmente quaranta furono i giorni del diluvio, quelli della punizione degli ebrei, quaranta quelli del digiuno e passione di Gesù, ecc. E il colore viola ben si addiceva allo stato d'animo del penitente. In tempi remoti l'obbligo del digiuno o astinenza da certi cibi era una pena davvero pesante per chi già subiva durante il resto dell'anno le ristrettezze della povertà e delle carestie. Ma sarebbe stata la via del perdono dei peccati e del merito per il paradiso. Sotto Carlo Magno la trasgressione di chi mangiava carne era punita con la pena di morte e i macellai non potevano far bottega se non al sabato dopo Vespro. Passando a significati medico-salutistici e non religiosi cogliamo l'occasione della Quaresima per una ripulitura dell'organismo, un pò come le pulizie di Pasqua dovute all'abitazione. L'inverno, col suo freddo e buio, porta al naturale consumo (nonostante l'odierno rirscaldamento delle abitazioni, l'abbigliamento ipercoprente, i mezzi di trasporto chiusi e riscaldati, ecc.) di alimenti grassi e ricchi di zuccheri, di preparazioni complesse e sovrapposte tra loro, di snak come cioccolato e tartine con la maionese, di dolci ricchi di creme e panna. Insomma il trionfo dell'affaticamento del fegato. Per non arrivare a dover constatare anche quest'anno che sarà il caso di farlo riposare un pò. La primavera infatti è la stagione di depurazione del fegato, secondo i dettami delle medicine energetiche e orientali, quindi con l'arrivo della bella stagione il povero fegato, infarcito di besciamella e crema pasticcera, segna il passo. La Quaresima indica un'alimentazione più leggera, con poca carne ma con più pesce (le acciughe, il baccalà, i pesci magri), niente grassi animali ma olio d'oliva, niente fritti (l'ultimo a Carnevale) ma pietanze leggere, molta verdura e legumi (che possono fornire le proteine come la carne), pochi rossi d'uovo -fonti di grassi e colesterolo- e molti albumi, ricchi di proteine e senza grassi. Insomma quello che tutto l'anno ci proponiamo di fare ma non facciamo mai. Allora è il momento di mettere in pratica non per motivi strettamente religiosi (per chi vuole anche per questo, certo) ma per motivi di prevenzione e salute. Quindi nei prossimi giorni pubblicherò molte ricette vegetariane o "leggere" dal punto di vista dietetico, meglio se della tradizione italiana. Ieri avete già trovatro la zuppa di cavolo rosso, che guarda caso è pure viola, provatela!
(immagine della "Quaresima saggia" da libro antico conservato al British)

martedì 16 febbraio 2010

ZUPPA DI CAVOLO ROSSO (la mia versione)

Ingredienti: un pezzo di cavolo verza rosso, una piccola cipolla, 120 g di riso "Originario" (per le minestre),
50 g di pancetta, 1 cucchiaio di olio, due manciate di fagioli borlotti già cotti, vino rosso, 1 litro abbondante di brodo, sale e pepe.
Esecuzione: pulite il cavolo rosso e tagliatelo con un coltello affilato a listarelle molto sottili, sbucciate le cipolle e tritatele con la pancetta (potete usare anche i dadini già pronti in commercio). Fate rosolare cipolla e pancetta in una pentola (meglio se di terracotta) con 1 cucchiaio d'olio. Aggiungete il cavolo rosso, mescolate e fate cuocere 5 minuti a fuoco basso, bagnate con il vino rosso e fate evaporare. Poi unite le i fagioli già bolliti in precedenza (in emergenza vanno bene anche quelli in scatola, anche se saranno certo meno saporiti). Allungate con il brodo di carne o di verdura, a scelta (in mancanza va bene anche acqua e dado di verdura). Fate cuocere, col coperchio, a fuoco basso per circa tre quarti d'ora, in modo che tutto si sfaldi un pò. Aggiungete acqua in caso si asciughi troppo, considerate che poi il riso catturerà molta acqua, e tenete controllato il grado di sapidità, anche questo assorbito dal riso. Trascorso questo tempo unite il riso e portatelo a cottura. Deve avere la consistenza di una zuppa e non di un risotto.

In alternativa potete usare orzo perlato al posto del riso. Una ulteriore golosa variante è servire la zuppa (senza riso o orzo) nei piatti con una fetta di pane casereccio tostato cosparso di formaggio grattugiato.

Ecco invece la versione molto "nordica":

Lavare due mele e tagliarle a dadi senza sbucciarle. Tritare la cipolla e il guanciale, e tagliare il cavolo rosso a listarelle (eliminare il cuore duro). In una pentola, scaldare due cucchiai di olio d’oliva, aggiungere il guanciale e lo scalogno e far appassire. Aggiungere le mele e, quando si saranno leggermente colorate, il cavolo rosso. Salare e cuocere a fiamma alta mescolando bene. Quando il cavolo sarà appassito, coprire il tutto con dell’acqua e far cuocere a fiamma media per 15 minuti. Nel frattempo sbucciare le due mele rimaste e tagliare ognuna a fettine spesse mezzo cm. Scaldare il burro in una padella antiaderente e farci saltare gli spicchi di mela, aggiungere lo zucchero e far cuocere finché le mele siano lievemente caramellate. Riprendere la zuppa, passarla al mixer poi al colino. Aggiustare il condimento. Disporre le mele nelle fondine e completare con la zuppa.
(foto: cucinainsimpatia.net)

sabato 13 febbraio 2010

MIGLIACCIO DOLCE (dolce tradizionale carnevalizio napoletano) di Patrizia Esposito

Ingredienti: 1/2 litro di latte - 1 kg di zucchero- 1 lt acqua- 1/2 kg di ricotta- 150 gr. di semola- 1 busta di vanillina- 1 cucchiaio di sugna- 1 fiala di acqua millefiori-10 uova.
Procedimento: mettere a bollire acqua, latte, 500 gr. di zucchero fino a che non si asciuga un pochino l'acqua. Abbassare la fiamma e aggiungere lentamente, mescolando energicamente la semola, per evitare di far fare i grumi. Appena il semolino ha preso una consistenza cremosa, spegnere e lasciare raffreddare.
In una terrina molto grande mettere gli altri 500 gr. di zucchero con la ricotta, le uova, la sugna, la vanillina e l'acqua millefiori e mescolare bene fino a che non si è amalgamato il tutto. Aggiungere quindi il composto di semolino, cotto e intiepidito, e rimescolare bene il tutto.
Prendere una teglia abbastanza grande da poterci versare tutto il composto dentro, naturalmente dopo aver cosparso i bordi e il fondo con della sugna per evitare che si attacchi il dolce. A Napoli si usa cuocere questo dolce in teglie di rame perchè ne esaltano il sapore. Fate attenzione comunque al fatto che il composto versato nella teglia non deve essere più alto di 3 centimetri. Infornare a 180 gradi per un'ora. Quando vedrete lo zucchero tutto intorni ai bordi caramellato e il dolce un bel colore brunito spegnete il forno e lasciate raffreddare. Questo dolce si taglia in fette sottili.

Questa è la variante di mia suocera, mia nonna invece, lo faceva con la pasta; al posto della semola usava i capellini.
(foto dal web)

giovedì 11 febbraio 2010

GLI INSUCCESSI DI McDONALD

Esiste un laboratorio, lo European Food Studio McDonald’s a Monaco, dove un team di esperti e cuochi studia nuove proposte che possano attirare i gusti degli europei. Da qui sono partite ricette come i Sapori di Montagna con speck dell’Alto Adige igp.
Laboratori del genere ci sono anche a Hong Kong per le regioni dell’Asia, Pacifico, Medio Oriente, Africa e a Chicago per il mercato statunitense.
L’ormai famoso McItaly apparso al fast food da pochi giorni sembra però non essere frutto di questi centri: il Ministro Luca Zaia afferma che è una sua idea e ha raccontato di aver dovuto rincorrere la multinazionale prima che la proposta fosse ascoltata e avesse seguito.
Gli innumerevoli successi commerciali della M dorata sono sotto gli occhi di tutti. Non di meno a volte, anche per merito dei Food Studio, McDonald’s ha partorito panini a dir poco stravaganti, nel tentativo di incontrare i gusti di determinate culture gastronomiche o di specifiche fasce di consumatori. Queste proposte, diverse dal classico panino e hamburger, si sono rivelate dei veri insuccessi.
Ecco la top flop ten:
10) McGratin croquette. Era uno speciale hamburger progettato per il mercato giapponese. Causa del fallimento totale forse l’abbinamento tra deep-fried macaroni, gamberi, purè di patate serviti su un letto di foglie di cavoli; o forse per il nome ai giapponesi incomprensibile.
9) Hulaburger. Creato nel 1963, era rivolto a cattolici rispettosi del venerdì senza carne. Si trattava di un cheeseburger, ma una fetta di ananas sostituiva la carne. I cattolici osservanti continuarono a disertare il McDonald’s di venerdì.
8) McDLT (McDonald’s Lettuce and Tomato). Da una parte fetta di pane e carne, dall’altra lattuga, pomodoro e formaggio. Lo scopo era di tenere parte calda e parte fredda del panino separate, e il cliente poco prima di mangiarlo doveva unire i due componenti. A parte il packaging estremamente ingombrante, chi al fast food ha voglia di contribuire alla preparazione del panino?
7) Arch Deluxe, detto “hamburger per gli adulti”. La campagna pubblicitaria fu imponente. Nonostante la spesa in reclam di 100 milioni di dollari, nessuno se lo filò. Un esperto di Wall Street disse che gli incassi portati dall’Arch Deluxe coprirono appena un quarto del costo pubblicitario.
6) McLobster, panino con al posto della carne l’aragosta. Pensato per i canadesi, costava più di tutti gli altri panini (5.99 dollari), ma era troppo leggero, non saziava.
5) McHotdog. Nella terra degli hamburger il rivale hot dog. Il panino con dentro il wurstel ha fatto il giro del mondo in vent’anni, dal 1990 a oggi. Passando dal Midwest americano, all’Inghilterra, al Canada, al Giappone, non ha mai sfondato.
4) McPizza. A metà degli anni Novanta McDonald’s si lanciò nel mondo della specialità italiana. Già esistevano negli Usa innumerevoli catene e semplici esercizi nel settore. Troppa concorrenza, flop totale e McPizza caduta nel dimenticatoio.
3) McPasta. Se non va la pizza, perchè non provare con la pasta? Lasagne, fettuccine Alfredo, spaghetti con polpette. La sorte di queste proposte fu identica a quella della McPizza. Recentemente la McPasta è stata introdotta in Nuova Zelanda e Australia. Progetto abbandonato un’altra volta per la scarsa domanda.
2) McAfrica. Quale è la peggiore cosa da fare quando gente che soffre la fame in Africa è su tutte le prime pagine dei giornali e nei servizi d’apertura dei telegiornali? Ideare il McAfrica. La campagna pubblicitaria scatenò polemiche e il fast food fu costretto a ritirare il prodotto.
1) McLean Deluxe. Il top dei flop. Spinti dalle campagne Usa per una corretta alimentazione, contro l’obesità e stili di vita poco salutari, quei diavolacci del marketing McDonlad’s vollero ideare un Mc Deluxe “dietetico”. A tavolino decisero, con operazioni da alchimisti, di sostituire il grasso con acqua. Ma per far trattenere l’acqua alla carne, nell’hamburger fu aggiunto il crondo crispo, un’alga rossa. Il gusto era orribile e la gente preferì intasare le proprie arterie piuttosto che mangiare il McLean Deluxe.
(Luca Bernardini per www.slowfood.it )

lunedì 8 febbraio 2010

PLUMCAKE SALATO DI CARNEVALE

Ingredienti: 250 g di farina, 4 uova, 250 g di burro, 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva, 2-3 cucchiai di latte, 1 bustina di lievito per torte salate, 2 carote, 2 cipollotti, 2 gambi di sedano verde, 150 g di piselli sgranati, mezzo peperone rosso, 1 ciuffo di prezzemolo, sale e pepe.
Esecuzione: montare a neve gli albumi delle uova e tenerli in frigo, pulire le verdure e tagliarle a dadini molto piccoli, affettare a rondelline i cipollotti compresa la parte verde più tenera.
Scaldare 2 cucchiai d’olio in una padella antiaderente e stufare le verdure, iniziando a mettere i cipollotti, poi i piselli e le carote, in seguito sedano e peperone. Se serve aggiungere ½ bicchiere di acqua, ma fare in modo che le verdure restino croccanti e non troppo cotte. Regolare il sale e pepe (o peperoncino se piace) e unire solo alla fine una bella manciatina di prezzemolo tritato. Mentre le verdure si raffreddano, mescolare in una ciotola il burro a temperatura ambiente con i tuorli d'uovo, il latte, un pizzico di sale e la farina setacciata con il lievito, infine gli albumi montati precedentemente a neve. Aggiungere poi al composto le verdure, mescolando delicatamente per non smontare il composto. Foderare con carta forno uno stampo da plumcake (da 21 di capacità) e versarvi l’impasto. Cuocere nel forno, preriscaldato a 180°, per 50 minuti circa. Per verificare la cottura infilare uno stecchino di legno nel plumcake: deve uscire asciutto. Lasciar intiepidire prima di sformare.
(ispirato e rielaborato da una ricetta vista su: http://blog.libero.it/fruttafamosa/4717465.html; foto dallo stesso sito)

venerdì 5 febbraio 2010

PIZZA 2

Le prime pizzerie, senza dubbio, sono nate a Napoli e fino a meta' del '900 il prodotto era un'esclusiva di Napoli e delle pizzerie. Fin dal 1700 erano attive nella città diverse botteghe, denominate «pizzerie», la cui fama era arrivata sino al re di Napoli, Ferdinando di Borbone, che per provare questo piatto tipico della tradizione napoletana, violò l'etichetta di corte entrando in una tra le più rinomate pizzerie. Da quel momento la «pizzeria» si trasformò in un locale alla moda, luogo deputato alla esclusiva preparazione della «pizza». Le pizze più popolari e famose a Napoli erano la «marinara» nata nel 1734 e la «margherita» del 1796-1810, che venne offerta alla Regina d'Italia in visita a Napoli nel 1889 proprio per il colore dei suoi condimenti (pomodoro, mozzarella e basilico) che ricordano la bandiera dell'Italia.
Nel tempo le pizzerie sono nate in tutte le città d'Italia e anche all'estero, ma ognuna di queste, se sorta in una città diversa da Napoli, ha sempre legato la sua stessa esistenza alla dizione «pizzeria Napoletana» o, in alternativa, utilizzando un termine che potesse rievocare in qualche modo il suo legame con Napoli, dove da quasi 300 anni questo prodotto e' rimasto pressoché inalterato. Nel 1984 nel mese di maggio, quasi tutti i vecchi pizzaioli napoletani procedettero alla stesura di un breve disciplinare firmato da tutti e registrato con atto ufficiale per notar Antonio Carannante di Napoli.

Ma come la fanno in casa i napoletani, la pizza?
In mancanza di una statistica probatoria ecco un trucco di un amico napoletano, per la pizza pomodoro e origano: mettere sull'impasto dei pomodorini affondandoli leggermente nella pasta e spargervi sopra del sale grosso.
(foto: Mormile)

giovedì 4 febbraio 2010

CONOSCIAMO LA VERA PIZZA? 1 PARTE

ORA LA PIZZA E' STG quindi esiste un disciplinare di produzione cui le pizzerie si devono attenere per poter dire di produre la pizza "Specialità tradizionale Garantita". QUINDI MUNITEVI DI CENTIMETRO E TERMOMETRO E CORRETE IN PIZZERIA (perchè fuori di essa non è più Stg)!
Il Ministero delle politiche agricole e forestali, ricevuta l'istanza presentata dall'Associazione Verace pizza Napoletana e dall'Associazione pizzaioli Napoletani, entrambe con sede in Napoli, procede alla pubblicazione del testo del disciplinare di produzione di seguito riportato (di cui riporto solo alcune parti, ndr).
Art 1. Nome del prodotto
L'attestazione di specificità «pizza Napoletana STG », secondo la tradizione italiana e con la dicitura esclusivamente in lingua italiana, e' riservata al prodotto da forno proveniente da aziende dedicate alla produzione, definite pizzerie, e destinato al consumatore finale, con le caratteristiche individuate nel presente disciplinare.
(....)
Nella designazione «pizza Napoletana» rientrano a seconda delle differenti farciture le seguenti denominazioni: «pizza Napoletana Marinara», «pizza Napoletana Margherita Extra» e «pizza Napoletana Margherita».
Art. 2. Ingredienti
Le materie prime di base caratterizzanti la «pizza Napoletana» sono farina di grano tenero tipo «00» con l'eventuale aggiunta di farina tipo «0», lievito di birra, acqua naturale potabile, pomodori pelati e/o pomodorini freschi, sale marino o sale da cucina, olio d'oliva extravergine.
Agli ingredienti base devono essere aggiunti, per la «pizza Napoletana Marinara», l'aglio e l'origano; per la «pizza Napoletana Margherita Extra», mozzarella di bufala campana DOP, basilico fresco e pomodoro fresco; per la «pizza Napoletana Margherita», la mozzarella STG o fior di latte Appennino meridionale e basilico fresco.
Art. 3. Metodo specifico di produzione e di lavorazione
La preparazione della «pizza Napoletana» comprende esclusivamente le seguenti fasi da realizzarsi con le materie prime elencate nell'art. 2 in ciclo continuo nello stesso esercizio.
1) Preparazione dell'impasto:
si mescolano farina, acqua, sale e lievito. Si versa un litro di acqua nell'impastatrice, si scioglie una quantita' di sale marino compresa tra i 50 e i 55 g, si aggiunge il 10% della farina rispetto alla quantita' complessiva prevista, successivamente si stemperano 3 g di lievito di birra, si avvia l'impastatrice e si aggiungono gradualmente 1800 g di farina W 220-380 fino al raggiungimento della consistenza desiderata, definita punto di pasta. Tale operazione deve durare 10 minuti.
L'impasto deve essere lavorato nell'impastatrice preferibilmente a forcella per 20 minuti a bassa velocita' fino a che non si ottiene un'unica massa compatta. Per ottenere un'ottimale consistenza dell'impasto, e' molto importante la quantita' d'acqua che una farina e' in grado di assorbire. L'impasto deve presentarsi al tatto non appiccicoso, morbido ed elastico.
Le caratteristiche merceologiche della farina utilizzata per la «pizza Napoletana» permettono alla stessa di assorbire dal 50 al 55% del suo peso in acqua e di raggiungere un ottimo «punto di pasta», che viene individuato grazie all'abilita' del pizzaiolo. Nella vasca dell'impastatrice l'operazione di lavorazione degli ingredienti deve avvenire senza surriscaldamento.
2) Lievitazione:
prima fase: l'impasto, una volta estratto dall'impastatrice, viene posto su un tavolo da lavoro della pizzeria dove si lascia riposare per 2 ore, coperto da un panno umido, in modo che la superficie non possa indurirsi, formando una sorta di crosta causata dall'evaporazione dell'umidita' rilasciata dall'impasto stesso. Trascorse le 2 ore di lievitazione si passa alla formatura del panetto, che deve essere eseguita dal pizzaiolo esclusivamente a mano. Con l'ausilio di una spatola si taglia dall'impasto deposto sul bancone una porzione di pasta lievitata e successivamente le si da' una forma di panetto. Per la «pizza Napoletana», i panetti devono avere un peso compreso tra i 180 ed i 250 g;
seconda fase della lievitazione: una volta formati i panetti (staglio), avviene una seconda lievitazione in cassette per alimenti, della durata da 4 a 6 ore. Tale impasto, conservato a temperatura ambiente, e' pronto per essere utilizzato entro le 6 ore successive.
3) Formatura della pizza:
passate le ore di lievitazione il panetto viene estratto con l'aiuto di una spatola dalla cassetta e posto sul bancone della pizzeria su un leggero strato di farina per evitare che la pagnotta aderisca al banco di lavoro. Con un movimento dal centro verso l'esterno e con la pressione delle dita di entrambe le mani sul panetto, che viene rivoltato varie volte, il pizzaiolo forma un disco di pasta in modo che al centro lo spessore sia non superiore a 0,3 cm e al bordo non superi 1-2 cm, formando cosi' il «cornicione».

Per la preparazione della «pizza Napoletana STG» non sono consentiti altri tipi di lavorazione, in particolar modo l'utilizzo di matterello e/o di macchina a disco tipo pressa meccanica.
4) Farcitura:
la farcitura differisce a seconda del tipo di pizza.
a) pizza napoletana marinara:
con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta g 80 di pomodori pelati frantumati;
con movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale;
con un movimento a spirale si aggiunge del sale sulla superficie del pomodoro;
allo stesso modo si sparge un pizzico di origano;
si taglia uno spicchio di aglio; precedentemente privato della pellicola esterna, a fettine e lo si depone sul pomodoro;
con una oliera a becco e con movimento spirale si distribuisce sulla superficie, partendo dal centro, 4-5 grammi di olio extra vergine di oliva.

b) pizza napoletana Margherita extra:
con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta g da 60 a 80 di pomodori pelati frantumati e/o pomodorini freschi tagliati;
con un movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale;
con un movimento a spirale si aggiunge del sale sulla superficie del pomodoro;
80-100 g di mozzarella di bufala campana DOP tagliata a listelli vengono appoggiati sulla superficie del pomodoro; si depongono sulla pizza alcune foglie di basilico fresco; con una oliera a becco e con un movimento spirale si distribuisce sulla superficie, partendo dal centro, 4-5 grammi di olio extra vergine di oliva.
pizza napoletana Margherita:
con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta g da 60 a 80 di pomodori pelati frantumati;
con un movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale;
con un movimento a spirale si aggiunge del sale sulla superficie del pomodoro;
80-100 g di mozzarella STG o fior di latte Appennino meridionale tagliata a listelli vengono appoggiati sulla superficie del pomodoro;
si depongono sulla pizza alcune foglie di basilico fresco;
con un'oliera a becco e con movimento spirale si distribuisce sulla superficie, partendo dal centro, 4-5 grammi di olio extra vergine d'oliva.
5) Cottura:
il pizzaiolo trasferisce su una pala di legno (o di alluminio), aiutandosi con un poco di farina e con movimento rotatorio, la pizza farcita, che viene fatta scivolare sulla platea del forno con un movimento rapido del polso tale da impedire la fuoriuscita della farcitura. La cottura della «pizza Napoletana STG» avviene esclusivamente in forni a legno, dove si raggiunge una temperatura di cottura di 485 °C, essenziale per ottenere la pizza napoletana.
Il pizzaiolo deve controllare la cottura della pizza sollevandone un lembo, con l'aiuto di una pala metallica, e ruotando la pizza verso il fuoco, utilizzando sempre la stessa zona di platea iniziale per evitare che la pizza possa bruciarsi a causa di due differenti temperature.

E' importante che la pizza venga cotta in maniera uniforme su tutta la sua circonferenza.

Sempre con la pala metallica, al termine della cottura, il pizzaiolo preleverà la pizza dal forno e la deporrà sul piatto da portata. I tempi di cottura non devono superare i 60-90 secondi.

Dopo la cottura la pizza si presenterà con le seguenti caratteristiche: il pomodoro, persa la sola acqua in eccesso, resterà denso e consistente; la mozzarella di bufala campana DOP o la mozzarella STG si presenterà fusa sulla superficie della pizza;
il basilico così come l'aglio e l'origano svilupperanno un intenso aroma, apparendo alla vista non bruciati.
Temperatura di cottura platea: 485 °C circa.
Temperatura della volta: 430 °C circa.
Tempo di cottura: 60-90 secondi.
Temperatura raggiunta dalla pasta: 60-65 °C.
Temperatura raggiunta dal pomodoro: 75-80 °C.
Temperatura raggiunta dall'olio: 75-85 °C.
Temperatura raggiunta dalla mozzarella: 65-70 °C.

Art. 4. Carattere tradizionale
La pizza, rappresentata dal disco di pasta sul quale può essere messo qualsiasi prodotto alimentare, per il quale svolgerà funzione di piatto, e' probabilmente presente negli scavi di quasi tutte le più antiche civiltà conosciute, sotto le forme piu' varie. Il termine «pizza» comincia a circolare in Italia, per la prima volta nel 997 nel Codex cajetanus di Gaeta.

Art. 5. Caratteristiche del prodotto finale
a. Descrizione del prodotto:
La «pizza Napoletana» STG si presenta come un prodotto da forno tondeggiante, con diametro variabile che non deve superare 35 cm, con il bordo rialzato (cornicione) e con la parte centrale coperta dalla farcitura. La parte centrale sara' spessa 0,3 cm, il cornicione 1-2 cm. La pizza nel suo insieme sara' morbida, elastica, facilmente piegabile a «libretto».
(....)
b. Aspetto:
(...)
La consistenza deve essere morbida, elastica, facilmente piegabile, il prodotto si presenta morbido al taglio, dal sapore caratteristico, sapido, derivante dal cornicione, che presenta il tipico gusto del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acidulo del pomodoro, all'aroma, rispettivamente, dell'origano, dell'aglio o del basilico, e al sapore della mozzarella cotta. La pizza, alla fine del processo di cottura, emanerà un odore caratteristico, profumato, fragrante.
(...)
Art. 6. Conservazione
La pizza napoletana va consumata immediatamente, appena sfornata, negli stessi locali di produzione.
L'eventuale asporto del prodotto verso abitazioni o locali differenti dalla pizzeria determina la perdita del marchio.
Art. 7. Marchio
I locali nei quali viene prodotta la «pizza Napoletana» STG appongono il marchio di seguito descritto.
Il profilo del golfo di Napoli con il Vesuvio di colore rosso, infine la pizza composta dagli ingredienti. Il tutto e' racchiuso in una circonferenza di colore verde.
Sotto il disegno, sopra descritto, compare la scritta pizza (di colore verde) Napoletana (di colore rosso) e nella seconda stanghetta della lettera N, compare l'acronimo STG (colore bianco).
(foto: casadelconsumatore.it; ecostiera.it)

lunedì 1 febbraio 2010

QUICHE DI BROCCOLI E SALSICCIA

Ingredienti: una confezione di pasta sfoglia surgelata, due o tre etti di salsiccia, qualche ciuffo di broccoletto, quattro uova, un pò di latte, parmigiano grattugiato, sale, pepe.
Esecuzione: pulire i broccoletti in quantità desiderata e farli cuocere a vapore lasciandoli ancora sodi, non troppo cotti. In una padella antiaderente mettere la salsiccia a pezzetti oppure anche sbriciolata (senza la pelle di contenimento) e farla andare un pò in modo che perda un pò di grasso. Sbattere le uova, salarle, peparle, aggiungere il formaggio grattugiato e un pò di latte, come per fare una frittata. Stendere la pasta sfoglia in una teglia tonda, lasciando sotto la carta forno con cui è avvolta, bucherellarla con la forchetta, stendervi sopra i broccoletti e la salsiccia, in modo che siano distribuiti armoniosamente tra loro. Versare sopra delicatamente le uova, rivoltare i bordi della pasta e cuocere in forno caldo per 30 minuti.