Per chi volesse cimentarsi nel dolce tradizionale genovese ecco la ricetta più lunga ed impegnativa, anche per gli spazi, tratta dalla "Cuciniera del Rossi" di metà 1800. Se volete, come era d'uso, prepararlo anche come regalo consiglio di fare almeno una prova prima di cimentarsi con quello definitivo. Si tratta infatti di una ricetta che è spesso "ribelle" per le mani meno esperte: unavolta brucia fuori e resta mezzo crudo dentro, un'altra volta gli ingredienti si ammucchiano da una parte, altre volte resta troppo asciutto e via dicendo.
Ecco allora la versione di un secolo fa: <Prendete due chilogrammi di buona farina di frumento, ponetela sulla madia in un mucchio, formatevi un buco in mezzo e versatevi un bicchier d'acqua in cui avrete fatto sciogliere 150 gr di lievito; impastate la parte liquida con porzione della farina fino a che avrete formata una pasta assai dura; coprite questa col rimanente della farina, ponetevi sopra un foglio di carta e addosso a questo una coperta di lana e lasciate così in riposo la pasta per circa 8 ore. Dopo ciò scopritela, impastatela col rimanente della farina mercè un altro poco d'acqua tiepida ed unitevi in pari tempo 150 gr di zucchero in polvere, 3 ettogrammi di burro liquefatto, un bicchierino di vino di marsala e una cucchiaiata d'acqua di fior d'arancio, mescolando e manipolando assai bene il tutto: finalmente aggiungetevi 50 gr di uva passola bianca di Smirne, 30 gr di pistacchi mondati, 40 gr di pinoli e 10 gr di anici e seguitate ad impastare finchè abbiate ottenuto una pasta soffice e uniforme. Allora formatene un pane che fascerete all'intorno con una salvietta a guisa di turbante affinchè la pasta non si schiacci troppo e lasciate lievitare per altre 12 ore, avvertendo che se facesse molto freddo sarebbe necessario mettere la pasta in una stanza alquanto calda. Finalmente liberate il pane dalla salvietta e fatelo cuocere al forno.>
Come vedete questa ricetta è persino folkloristica al giorno d'oggi ma per gli appassionati di cucina tradizionale è sicuramente un esercizio di stile da provare. Vi garantisco che a Genova ancora oggi qualcuno il pandolce lo fa così, col vantaggio di avere case ben più calde di un tempo ma con lo svantaggio di dover trovare il posto per la lievitazione (il marito di una mia amica anni fa aveva rovinato tutto sedendosi sulla sua poltrona preferita, senza essere stato avvertito in tempo).
Vi prometto la versione moderna al più presto.
(foto pandolce: ciao.it)
Sono andato in basso a sinistra, ma non trovo niente. Però ho letto che hai dei Blog che ti piacciono e dei lettori fissi... Dai che prima o poi lo capirà come si usa... :-)
RispondiElimina